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Settembre: Incontro mensile

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INCONTRO DI SETTEMBRE 2004


Natale Colombo (Usmate). Dopo la pausa estiva ci rincontriamo per metterci a confronto sulle esperienze estive. Un folto gruppo ha partecipato al Meeting di Rimini alternandosi per sei giorni al nostro stand ricco di una piccola mostra sulla nostra identità e sull’opera che abbiamo in corso.

Don Giancarlo.
Quanto più si recupera l’orizzonte dell’origine e del destino della vita ci si accorge di essere capaci di accettare il presente, qualunque esso sia. Le circostanze liete come quelle problematiche e tristi, la ragione le affronta e le giudica. Lo sguardo della fede, quanto più diventa aperto e docile come quello di Maria, diventa capace di accettazione anche di ciò che non si capisce e non si desidera.
Cantiamo “Il disegno”e “Da nos un coracon grande par amar = donaci un cuore grande per amare, donaci un cuore forte per lottare”. La vita è sempre una sfida. Se non siamo noi a portarla alla realtà è la realtà che ci provoca. Quanto più si è distratti e superficiali certi urti della vita possono portarci allo smarrimento. Chi non è ancorato a presenze che illuminano e comunicano energia, precipita facilmente nell’angoscia o nella ribellione. Dobbiamo imparare a porre domande e a portare sfide alla realtà e non aspettare che la realtà ci scuota e ci disturbi.
La Madonna che c’è sul nostro logo e che uno di noi, tornando da Lourdes, ha voluto portarci come segno della sua presenza significativa, accolga e accompagni la nostra preghiera.

Natale Colombo (Usmate). Prima di venire qui sono andato a trovare una famiglia che ha quattro figli con cui condivido l’esperienza del Movimento. Uno di questi ha avuto modo di fare vacanza con Umberto, un giovane di 22 anni, morto nello scorso agosto.
Anche se non l’ho conosciuto personalmente ho pregato per la sua salute.Per anni ha fatto il volontario al Meeting. Quest’anno non ha potuto esserci. Prima di morire ha scritto dei pensieri che mi hanno colpito per la loro profondità.

“Con quale intensità sto vivendo la mia vita. E’ qualcosa di straordinario. Lo dicevo l’altro giorno alla Silvia, mentre stavo male ed ero inibito dalla morfina. E dicevo: “Pensa, vivere sempre così, in questo modo, che grazia!” Sono lieto, è un’intensità enorme che mi fa vivere tutto quanto in modo davvero più lieto. Tutta la vita chiede l’eternità. Mi viene ad ogni istante di chiedere l’eterno. Capisco che la mia felicità inizia ora perché la vita è l’istante vocazionale. Vivendo in questo modo ti viene da amare tutta quanta la realtà, ami tutto quanto ti mette in rapporto col Mistero, la realtà stessa proprio perché non è tua. Mi sono reso conto che ultimamente non sono proprio riuscito a fare tutte le cose che avrei voluto. Avrei voluto fare gli esercizi, il Meeting, la vacanzina. Ma questa cosa mi rende ancora più consapevole della vita e della realtà. E’ come se, in un certo senso, ogni volta mi rendesse sempre più forte, perché c’è la coscienza di essere voluto e di essere chiamato in un certo modo da Dio: un modo misterioso ma grand, perché voluto da Dio e diverso da quello che ho in mente io.
E’ a questo punto che entra in gioco l’offerta totale di sé a Cristo, tuo Padre. Il rapporto con il Mistero in ogni uomo è proprio intimo e carnale. L’altro giorno, dopo essermi svegliato, ho pensato: “In questo momento, per me, il rapporto con Dio passa interamente attraverso questa malattia, attraverso questa circostanza. Io sono in rapporto con il Mistero anche e soprattutto tramite la mia malattia. Per questo la devo trattare con rispetto, intimità e carnalit, perché è mezzo di comunione con Dio.”
Ma questo rapporto con il Mistero arriva a ricoprire tutti gli altri aspetti della mia vita: dal rapporto con la Silvia, a quello con la mia famiglia, con i miei amici, tutto è segno della gloria di Dio. Proprio perché tutta la vita chiede l’eternità. In questo momento in cui la situazione sembra un po’ aggravata la mia posizione davanti alla vita è questa e chiedo che la mia coscienza di fronte ad essa rimanga sempre tale. Veni Sancte Spiritus. Veni per Mariam.”

Ho voluto leggere questo scritto perché i suoi genitori hanno imparato a vivere la sua perdita in modo meno addolorato per la testimonianza che lui ha loro dato.

Nazareno Pulitano (Tradate). La fede è indispensabile per poter affrontare quello che è successo a me e a tutti noi. La fede è quel dono che fa calare il Cielo sulla terra. Mi ricordo le parole dette da don Giancarlo: “La vita terrena è un pellegrinaggio verso il Cielo”. Questa frase è diventata per me estremamente importante. La fede ci libera da molte angosce. Anche nel dolore la fede ci porta gioia. Man mano che il tempo passa capisco sempre meglio che non si può vivere senza Dio.

Valentina Migliavacca (Milano). Questa mattina riflettevo sulle parole: “Io credo in Dio”. Quando dico “credo”, mi accorgo che Dio da sempre mi accompagna. Dobbiamo avere l’umiltà di accettare ogni cammino anche se non sappiamo perché Dio ha scelto questo per noi. Questo Dio è Padre, un padre che ci ama immensamente nonostante i nostri tentennamenti. Camminando con Lui possiamo vedere anche le cose positive che ci vengono date. Se rivedo la mia vita mi accorgo che insieme al mio passo si è affiancato anche quello del Padre.

Matteo Lapescara (Busto A.). Ho trascorso una settimana di vacanza in montagna con 250 amici di Comunione Liberazione. Con noi c’erano anche Giovanna ed Elviro. Siamo rimasti colpiti dall’affettuosa accoglienza da parte di tutti. Abbiamo trovato un gruppo di persone meravigliose e non sembrava che li stessimo incontrando per la prima volta. Siamo poi andati in Puglia ad incontrare i nostri familiari e ci siamo recati alla chiesa di S. Giovanni Rotondo.
La settimana del Meeting è stata un’esperienza forte alla quale non si può mancare. Quest’anno si è trovato la soluzione di una canonica che ci ha permesso di condividere tutto il tempo a più stretto contatto. Ne siamo usciti molto arricchiti.

Raimonda Targa (Milano). Quest’anno, per la prima volta, non ho trascorso le vacanze con gli amici di Famiglie in Cammino. Io e Giorgio siamo andati a Genova ed eravamo noi soli. E’ stato comunque positivo perché abbiamo goduto un po’ di riposo e perché avevamo presenti tutti voi e i nostri ragazzi che ricordavamo con la preghiera. Questo ci ha permesso di sentirci uniti nonostante la lontananza.

Giorgio Macchi (Varese). La canonica che gli amici di Rimini ci hanno messo a disposizione è la testimonianza dell’amicizia che ci lega a tante persone sparse per l’Italia, che non abbiamo la possibilità di incontrare spesso e che ci fa sentire popolo.
E’ stata un’esperienza di forte comunione che continua a educare il nostro cuore a rimanere aperto nonostante il nostro cammino di dolore.
Il Meeting è una possibilità straordinaria di incontro con le persone. Vi racconto alcuni degli episodi che mi hanno particolarmente colpito: una signora di Verona passava e ripassava davanti al nostro stand. Alla fine si fermata a parlare. Mi ha raccontato che erano già trascorsi ventun anni dalla morte della figlia di sei anni. Mi ha confessato che aveva vissuto questo dolore in una completa solitudine senza mai parlarne con nessuno. Si è fermata a lungo a parlare. Era la prima volta che si sentiva libera di raccontare la sua storia Il mio compito, in quel momento, era di ascoltare. Ritengo che se la nostra presenza all’interno del Meeting fosse servita solo a questa mamma, vale la pena continuare.
Ho incontrato anche una signora di Madrid che ha perso tre figli per un problema genetico. Il marito si è mantenuto a distanza mentre lei ci chiedeva perché non potevamo costituire un gruppo a Madrid.
Ciò che colpisce è che il Meeting, rumoroso e caotico in alcuni momenti, da’ l’opportunità di vivere incontri imprevedibili e di riflettere anche sugli aspetti dolorosi e traumatici della realtà del nostro vivere.
Abbiamo anche avuto la grande sorpresa di Chieffo, un cantautore di Forlì e nostro amico che ha voluto allietare il nostro incontro. Ha cantato la canzone che aveva scritto per Lidia ma che accomuna ed è rivolta anche a tutti i nostri figli. Il Meeting può essere faticoso dal punto di vista fisico, ma riempie e da’ senso.

Paola Macchi (Varese). Vorrei riprendere l’incontro con la mamma di Madrid. La prima volta che lei si è fermata allo stand non l’ho incontrata. Poi è ripassata per salutare e ha lasciato i ringraziamenti a tutti noi. Desidera ricevere i nostri resoconti mensili perché non immaginava che esistesse una realtà come la nostra e vorrebbe farla conoscere anche nel suo Paese.
Ho incontrato una dottoressa di Lecco e anche per lei il nostro stand è stata una scoperta importante, poiché, nonostante la sua professione, si ritrova impotente di fronte alla morte, in particolare alla morte di un giovane.
Un’altra signora mi ha raccontato di avere un tumore incurabile. Ha una figlia. Il marito la picchia. Questa signora vive e prega nella speranza che Dio le conceda ancora un anno di vita per vedere sua figlia diventare maggiorenne, così da poter decidere da sola della propria vita.
Un giovane si è fermato ed ha espresso la sua solidarietà a Famiglie in Cammino perché il nostro essere insieme costituisce un importante punto di riferimento che contrasta e fa da argine a chi pensa di risolvere il dolore per la perdita di un figlio affidandosi a maghi o a santoni.
Questi incontri del Meeting mi sono rimasti particolarmente impressi.

Giorgio Targa (Milano). Mi ricollego alla lettera di Umberto. Questo giovane ci ha detto una cosa molto importante che vale anche per noi. L’incontro che ha fatto con Cristo gli ha permesso di caricare la sofferenza dell’agonia di una speranza impressionante e di fare l’offerta della sua vita. Questo concetto l’ho ritrovato nel libro che stiamo meditando: “Non si può entrare in rapporto con Cristo se non attraverso le condizioni storiche, concrete, in cui si è toccati. Altrimenti è un pensiero astratto su Cristo”.
Noi siamo stati fortunati per avere incontrato Cristo durante la vita. Egli ci ha dato la forza di portare la nostra croce guardando la sua. Nel tempo si è trasformata da croce di dolore a croce di salvezza. Per questo possiamo accogliere e abbracciare altri genitori che attraversano la nostra stessa prova divenendo per loro testimoni della Resurrezione di Cristo.

Vito D’Incognito (Milano). Savina ed io abbiamo trascorso le vacanze in Sicilia con Emilio e Teresina Meroni di Erba per incontrare la famiglia Mileti che aveva perso il figlio Calogero nello stesso incidente in cui era morto il loro Davide. Si trovavano sulla stessa vettura con altri due allievi carabinieri.
Con la famiglia Mileti abbiamo trascorso i giorni in cui si celebrava la festa del patrono, S. Calogero. Per la famiglia la gioia per il ricordo del nome del figlio si intrecciava con il dolore per la sua mancanza. Abbiamo cercato di portare a loro il nostro messaggio di speranza.
La vita vissuta con l’intensità espressa da Umberto nella sua lettera fa scoprire ogni giorno tante meraviglie. Un tramonto ci ha permesso di rinnovare l’esperienza dello stupore: una palla di fuoco che, da una parte, diventava più grande e, dall’altra, si rimpiccioliva. Teresina ci ha detto di non aver mai goduto di un simile spettacolo. In quel frangente abbiamo ricordato i volti e i nomi di tutti voi. E’ stata una forte sensazione che ci ha portato a ringraziare.

Giovanna Del Bello (Sovere). La mia vacanza in montagna con don Giancarlo mi ha fatto scoprire un modo diverso di vivere il tempo libero. Ho anche partecipato, per la prima volta, al Meeting che è risultato un’esperienza arricchente. Lo stare insieme in canonica mi ha fatto sentire anche più giovane. Dopo la morte di mio figlio, grazie a voi, ho potuto riscoprire la fede.

Marcello Crolla (Busto A.). Anch’io sono stato due giorni al Meeting. Auguro a tutti di poter vivere questa esperienza. E’ stato un momento di riflessione personale. Ho anche potuto offrire una testimonianza all’interno dell’assemblea organizzata dal nostro stand all’interno della settimana.
Mi ha colpito il racconto di un signore che, passando dal nostro stand, si è fermato a guardare i cartelloni in silenzio. Mi sono avvicinato a lui e gli ho spiegato la nostra storia. Questa persona ci aveva già conosciuto l’anno precedente attraverso sua figlia che lo aveva portato al nostro stand. Quest’anno transitava dal nostro stand da solo. Sua figlia era morta. Mi ha detto: “mia figlia mi ha lasciato questa eredità”.
I nostri figli continuano a trasmetterci un grande insegnamento. Negli occhi di quel padre ho letto la riconoscenza per sua figlia che lo aveva portato al Meeting. Ringrazio Dio per tutto quello che continua a darci, per il cammino che ci lascia intravedere e per la speranza che semina in noi. E’ attraverso questa speranza che possiamo dare aiuto agli altri.

Marisa Crolla (Busto A.). Sentendo parlare di vacanze penso a Giovanna e a me che di vacanze non ne abbiamo avute. Giovanna perché ha deciso di cambiare lavoro. Io perché ho scelto di prendere le ferie per quando si sposerà mia figlia Erika, il 23 ottobre. Sono contenta di sentire che tanti tra noi sono riusciti a creare vere amicizie. Sono anche contenta di poter riprendere il cammino con voi.

Elena Quest’anno ho realizzato il desiderio che mio figlio Luca aveva di andare a Lucca e, in particolare, di visitare il Santuario di S. Gemma Galgani. Luca aveva letto la storia di questa mistica su Famiglia Cristiana e ne era rimasto particolarmente colpito. Questa santa ha perso la mamma, il papà e il fratello in giovane età. E’ morta nel 1904. In quel santuario ho pregato anche per tutti voi.
Quando ho sentito parlare della signora di Madrid che ha perso tre figli, mi sono ricordata del fratello di mia nonna che ne ha persi cinque. Aveva anche cinque figlie femmine di cui tre sono diventate suore.

Don Giancarlo. Questa giornata è stata ricca di testimonianze.Dopo la sbobinatura potremo meditare più approfonditamente su alcuni interventi che, per essere assimilati, hanno bisogno di tempo.
Ma qual è la chiave di lettura per interpretare adeguatamente quanto abbiamo ascoltato? Ce l’ha data Nazzareno che porta sempre in mezzo a noi un timbro di essenzialità e di semplicità. Ci ha detto che la fede in Dio introduce la nostra intelligenza, la nostra libertà e il nostro io in una percezione più profonda della vita. La fede è l’esito dell’incontro con Cristo che rende capaci di cogliere la verità e la bellezza di certe situazioni di vita che ad altri sfuggono e di capire che nella vita non si può stare senza Dio. Chi ha avuto la gioia di provare ciò deve sentirsi privilegiato e “graziato”.Da qui nasce il bisogno di ringraziare il Signore quotidianamente.
Umberto, anche quando stava per morire, sentiva profondamente il suo Io e aveva chiaro che “tutta la vita chiede l’eternità”. Per questo è riuscito a vivere gli ultimi giorni di vita. con una intensità mai provata prima.La soglia di libertà da lui raggiunta che cosa ci insegna? Che la natura umana è legame con l’Infinito e che ogni suo palpito è manifestazione di un io che vuole tutto.
Che cos’ è questa eternità che tutta la vita chiede? Noi non siamo mai pienamente soddisfatti di noi stessi.E’ una grazia non poter mai dire” basta”. Se lo dicessimo saremmo simili al ricco stolto del vangelo che, dopo avere pianificato tutto, sente la voce della coscienza che gli dice: “e se stanotte morrai?…”.
Il senso del vivere è il tutto. Tutta la vita chiede l’eternità perché siamo fatti ad immagine e somiglianza dell’eterno. L’eterno, divenendo uomo, ci è venuto incontro. Anche nel presente continua a rivelarsi attraverso l’umanità dei suoi discepoli che portano in mezzo a noi una fioritura affascinante di virtù. Di questo sono personalmente e profondamente riconoscente. Siamo tutti contenti di avere vicino degli amici che ci richiamano al significato ultimo delle cose.
Oggi alcuni hanno parlato di stupore di fronte a certi segni della natura. Il provare stupore significa che l’età anagrafica cresce ma il cuore mantiene la freschezza degli inizi.
Tanti hanno anche parlato di incontri straordinari vissuti durante l’estate. Vorrei suscitare in voi presenti un po’ di invidia che spinga a uscire dai nostri gusci per spalancarci a possibilità di incontri più arricchenti. Giorgio di ritorno dal Brasile ci ha detto di aver provato stupore perché si è reso conto che molte opere educative e caritative in corso sono dedicate a figli defunti ma che continuano a vivere attraverso gesti d’amore dei loro genitori e di altri amici. Ciò dimostra che la morte biologica può diventare trampolino di lancio per una vita diversa e più ricca di amore al prossimo.
Una mamma ci ha riferito che suo figlio delle medie era diventato un seme buono per alcuni compagni di classe islamici che, come segno di riconoscenza e di amicizia, hanno partecipato al suo funerale.
Tali segni vitali non sono da imbrigliare ma da lasciare liberi nelle mani del Padre che usa tutto per il bene dei suoi figli. Al momento giusto illumineranno qualcuno.
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